In ordine al requisito della conformità catastale oggettiva dell’immobile va ricordato che, come previsto dall’art. 29, comma 1 bis, della L. 52 del 1985, aggiunto dall’art. 19, comma 14, del D.L. 78/2010 convertito, con modificazioni, nella L. 122/2010, “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Va al riguardo ricordato, in relazione alle conseguenze sul contratto di compravendita immobiliare in ipotesi di accertata mancanza di detto requisito, che in base a condivisa giurisprudenza le indicazioni circa la c.d. conformità catastale oggettiva, prevista a pena di nullità del contratto di trasferimento immobiliare, riguardano l’identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto (cfr. Cass. 20526/2020, in tema di domanda ex art. 2932 c.c., ma il principio è di portata generale), con la precisazione, ai fini della prevista sanzione della nullità dell’atto, che “in tema di atti notarili, la dichiarazione richiesta dall’art. 19, comma 14, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perché la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89” (cfr. Cass. 8611/2014).
Non è sufficiente la mera dichiarazione di conformità delle planimetrie, essendo invece necessaria la dichiarazione di conformità catastale (cfr. Cass. 21828/2019: “La dichiarazione di conformità dell’immobile ai dati catastali ex art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, non può essere surrogata dalla mera dichiarazione di conformità delle planimetrie, sicché il notaio che redige l’atto senza inserire la dichiarazione di conformità catastale incorre in una nullità ex art. 28 della l. notarile”).
La dichiarazione riguarda la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, nel senso, cioè, che la suddetta dichiarazione delle parti intestatarie deve riguardare tanto i dati catastali quanto le planimetrie (cfr. Cass. 39403/2021 in motivazione: “… l’onere dichiarativo posto a carico degli intestatari dell’atto non può certamente ritenersi assolto tramite la dichiarazione di conformità allo stato di fatto della sola planimetria catastale depositata, posto che la planimetria non può sopperire alla mancanza della dichiarazione di conformità allo stato di fatto dell’immobile anche del distinto requisito richiesto dalla norma e rappresentato dai dati catastali, soltanto questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali dell’immobile rilevanti ai fini fiscali. In altri termini, in tema di atti notarili, la dichiarazione richiesta dall’art. 29, comma 1-bis, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perché la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi dell’art. 28 della legge notarile (Cass., n. 8611 del 2014, cit.; Cass., Sez. II, 11 ottobre 2016, n. 20465; Cass., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828; Cass., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519). Dunque, la dichiarazione di conformità ha come termini di riferimento sia la planimetria sia i dati catastali. La mancata dichiarazione di conformità di questi ultimi con lo stato di fatto determina la nullità dell’atto. La dichiarazione in questione deve attestare anche che i dati catastali, rilevanti ai fini della determinazione della rendita catastale, siano conformi allo stato di fatto dell’immobile …”).
Pertanto, la conformità catastale oggettiva, pena la nullità dell’atto, riguarda tanto la rispondenza dei dati identificativi catastali quanto l’identificazione della planimetria catastale riferita all’immobile oggetto di compravendita e la conformità dello stato di fatto immobile alle planimetrie: si tratta degli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali.
A livello normativo, con riferimento invece alla seconda prospettata ipotesi di nullità, va ricordato che l’art. 40 L. 47/1985 del 28/2/1985 (recante ‘Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni amministrative e penali’) prevede, per quanto di interesse, che “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all’atto medesimo. …” (comma 2) e che “Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente” (comma 3).
La medesima disciplina si ritrova sostanzialmente nell’art. 46 del DPR 380/2001 del 6/6/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), che non ha abrogato il citato art. 40 L. 47/1985 e che prevede, in merito alla ‘nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985’, che “Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù” (comma 1); “La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al comma 1 non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti” (comma 3); “Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa ” (comma 4) e che “Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria” (comma 5).
Alla luce della più risalente disposizione (citato art. 40 L. 47/1985), da applicare al caso di specie, si può quindi affermare che è vietato, essendo colpito da nullità il relativo atto, il trasferimento di beni immobili, che siano stati costruiti senza un valido titolo abilitativo (permesso di costruire, concessione edilizia, licenza, e così via).
La questione di fondo, su cui si articolava il dibattito dottrinario e la pratica giurisprudenziale, riguardava la portata della sanzione della nullità e se la relativa normativa dovesse essere interpretata, in parte qua, in senso sostanziale o in senso testuale.
In data successiva all’introduzione del presente giudizio (2017), l’orientamento si è affermato e consolidato nel senso della configurabilità di una nullità testuale, alla luce dell’art. 1418, comma 3, c.c..
Al riguardo, sostanzialmente parificando le due discipline normative invero similari, è stato affermato che “la nullità comminata dall’art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della l. n. 47 del 1985 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’art. 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile. Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato” (cfr. Cass. SU 8230/2019).
Si tratta di orientamento, espresso dal massimo organo di legittimità, che ha trovato ulteriore conferma con la successiva Cass. 538/2020, così che è possibile ritenere superato il diverso orientamento giurisprudenziale c.d. sostanzialista, che ricollegava l’invalidità del contratto al profilo sostanziale della conformità del bene allo strumento concessorio menzionato nell’atto di trasferimento, richiamato, p.es., da Cass. 2359/2013, Cass. 25811/2014 e Cass. 18261/2015; quindi il contratto è e rimane valido per il solo fatto che sia stato ivi menzionato il provvedimento autorizzativo, rilasciato con riferimento a quel determinato immobile, e, per gli immobili edificati prima del 1° settembre 1967, per il solo fatto che vi sia la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante tale circostanza.
Trattandosi di una nullità testuale (art. 1418, comma 3, c.c.), la stessa è pertanto configurabile solo se e in quanto negli atti tra vivi, con i quali vengano trasferiti diritti reali su immobili, non sia stata riportata l’indicazione degli estremi della concessione edilizia dell’immobile oggetto di compravendita ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria ovvero ancora, per gli immobili la cui costruzione sia anteriore all’1/9/1967, non vi sia la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante detta circostanza. Viceversa è da escludere qualsiasi accertamento in relazione alla regolarità sostanziale del bene sotto il profilo urbanistico ossia qualsiasi accertamento in ordine alla conformità o meno della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione.