Agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie condominiali

L’agevolazione fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia è disciplinata dall’art. 16-bis del Dpr 917/86 e consiste in una detrazione dall’Irpef del 36% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare.

Tuttavia, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2021 la detrazione è elevata al 50% e il limite massimo di spesa è di 96.000 euro.

La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo.

È prevista, inoltre, una detrazione Irpef, entro l’importo massimo di 96.000 euro, anche per chi acquista fabbricati a uso abitativo ristrutturati.
In particolare, la detrazione spetta nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro 18 mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile.
Indipendentemente dal valore degli interventi eseguiti, l’acquirente o l’assegnatario dell’immobile deve comunque calcolare la detrazione su un importo forfetario, pari al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’abitazione (comprensivo di Iva). Anche questa detrazione va ripartita in 10 rate annuali di pari importo.

Cessione del credito e opzione per il contributo sotto forma di sconto

Ai sensi dell’articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. Decreto Rilancio), i soggetti che negli anni 2020 e 2021 sostengono spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari
  • per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

AdE

Amministratore di condominio e mediazione giudiziale

Nel disegno di Legge delega per la riforma della giustizia civile (AS 1662) è previsto che l’amministratore potrà finalmente gestire con una certa autonomia la mediazione nel contenzioso, e la sospensione dell’esecuzione della delibera ottenuta da un condomino in via cautelare resterà in valida anche in caso di estinzione del giudizio.

La legge delega vuole che l’amministratore del condominio sia «legittimato ad attivare, aderire e partecipare a un procedimento di mediazione», inoltre « l’accordo di conciliazione riportato nel verbale o la proposta del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea che delibera con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile e (…), in caso di mancata approvazione, la conciliazione si intende non conclusa o la proposta del mediatore non approvata». Quale sarà effettivamente la maggioranza, lo indicherà il Governo nell’attuazione della delega. Quindi, in realtà la procedura di mediazione, attualmente lentissima a causa del fatto che ogni step, deve passare al vaglio dell’assemblea. Solo la fase finale, quindi, una volta che sia stato redatto il verbale di conciliazione o la proposta del mediatore, dovrà essere approvata o respinta. È chiaro che un amministratore avveduto potrà così agire in modo che la proposta possa ragionevolmente ottenere il sì dell’assemblea o non mandarla avanti sin da subito. Una piccola rivoluzione molto attesa dalla categoria che valorizza anche il ruolo dell’amministratore durante le trattative. 

L’altra modifica è tutta processuale e riguarda la richiesta di sospensione cautelare di una delibera condominiale. Sospensione che, se concessa, non decade se il condomino non instaura un giudizio di impugnazione vero e proprio e neppure quando, una volta avviato il contenzioso, questo viene abbandonato prima della sentenza. In sostanza, il condomino dissenziente ma anche il condominio possono risparmiarsi le lungaggini di un processo limitandosi a chiedere (ed eventualmente a fare il relativo reclamo) la sospensione della delibera.Se il giudice la concede, il condominio potrà riflettere sulla necessità di opporsi o sull’opportunità di rimuoverla.

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Atto di vendita di lastrico solare da parte di società immobiliare – Imposta di registro da applicare

 La Cassazione nell’ordinanza n. 15192 del 1° giugno 2021, uniformandosi a quanto sostenuto dall’agenzia delle Entrate con la circolare n. 36/E del 19 dicembre 2013, afferma che il lastrico solare non è mai un fabbricato strumentale con la conseguenza che la sua cessione è esente da Iva e, di conseguenza, soggetta a imposta proporzionale di registro in quanto non è utilizzato per l’attività di impresa e in quanto non è strumentale per natura perchè per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, non può ritenersi utilizzabile necessariamente per un’attività di impresa. Non rileva inoltre che sia la copertura di un immobile strumentale per natura. L’unico criterio oggettivo per individuare la strumentalità dell’immobile è rappresentato dalla categoria catastale di appartenenza al momento del trasferimento, restando viceversa irrilevante l’esistenza di un progetto di trasformazione del bene, poiché nulla garantisce che il progetto sia realizzato e che esso determini un nuovo classamento con la conseguenza che è erroneo ad esempio dare rilevanza alla destinazione del lastrico solare per l’installazione di una centrale fotovoltaica. Pertanto al cessione del lastrico è in esenzione da Iva, ai sensi del n. 8-bis Dpr 633/1972 senza possibilità di opzione per l’imponibilità e non si applica però l’imposta fissa di registro, in quanto l’articolo 40, comma 1, Dpr 131/1986 esclude l’alternatività tra Iva e registro nel caso delle cessioni di cui al predetto n. 8-bis dpr 633/1972. Scatta pertanto l’imposta proporzionale di registro con aliquota 9%, da calcolare sul valore venale del bene. 

Divorzio: la scelta di un lavoro “part time” incide sulla quantificazione dell’assegno divorzile

La scelta di lavorare part time, pur avendo un contratto a tempo indeterminato, può incidere sulla quantificazione dell’assegno di divorzio. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 23318 del 23 agosto 2021, ha così accolto con rinvio uno dei motivi sollevati dall’ex marito (in qualità di controricorrente) a carico del quale era stato posto un assegno di 600 euro in favore della moglie ed un altro di pari importo per la figlia maggiorenne ancora impegnata negli studi.

Un motivo accolto dalla Prima Sezione civile secondo cui nell’evidenziare lo squilibrio economico la Corte di appello aveva trascurato la circostanza che la ricorrente “pur essendo titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, presta la propria attività a tempo parziale”. “Tale circostanza – prosegue la decisione -, idonea ad orientare in senso diverso la decisione, in quanto verosimilmente incidente in misura tutt’altro che trascurabile sul reddito da lavoro della donna, non ha costituito oggetto di specifico riscontro”.

© Sole 24 ore https://smartlex24.ilsole24ore.com/private/default.aspx?iddoc=37534969#showdoc/37534969/?ref=notizie_giorno

Trasferimenti immobiliari a seguito di separazioni e/o divorzi.

La Cassazione fa bene a limitare i poteri delle cancellerie dei Tribunali in merito alle trascrizioni dei Tribunali. Riscontro la necessità dell’intervento del professionista (notaio o avvocato che sia) in grado di controllare la correttezza dei titoli che precedono la sentenza stessa. Anche se le sentenze di questo tipo hanno un efficacia reale, il problema, a mio avviso, non sarebbe il trasferimento in se stesso ma l’adempimento relativo. Dal lato pratico è ancora più difficile pensare che sia un cancelliere a dover effettuare la nota relativa. Infine la storia ha insegnato all’attento operatore del diritto che le note delle cancellerie dei Tribunali difficilmente sono state fatte dal Tribunale. Mio nonno trascriveva le sentenze a favore del proprio cliente autonomamente, l’ho fatto anche io e chissà ancora chi lo farà in avanti.

Incostituzionale il blocco degli sfratti

Con sentenza 22 giugno 2021, n. 128, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale, siccome immotivatamente ed eccessivamente compressiva del diritto all’azione giudiziale, la sospensione generalizzata di tutti i processi esecutivi aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato. La sentenza fornisce anche degli elementi per prevedere l’imminente decisione che la Consulta è chiamata ad emettere in relazione alla sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili a destinazione residenziale e commerciale.

La sentenza n. 128/2021 emessa dalla Corte Costituzionale il 22 giugno 2021 ha censurato come costituzionalmente illegittimo l’art. 54-ter del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (come novellato dall’art. 13, 14° comma, del D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla Legge 26 febbraio 2021, n. 21), nella parte in cui ha prorogato oltre il 31 dicembre 2020 la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto gli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore e della sua famiglia.

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Riprogrammato il calendario fiscale 2021

Il Decreto Sotegni bis riscrive il calendario fiscale.

Blocco per altri due mesi la notifica delle cartelle esattoriali e, automaticamente, spostamento a fine settembre del pagamento delle 18 rate di debiti fiscali e contributivi sospesi dall’8 marzo 2020; per le 4 rate della rottamazione ter si pagherà una volta al mese dal 31 luglio (2 agosto come giorno feriale) al 31 ottobre; si riaprono i termini fino al 15 novembre per la rivalutazione di quote e terreni; stop, infine, alla seconda rata dell’Imu per i proprietari di immobili bloccati dalla sospensione degli sfratti esecutivi ormai in vigore dal 28 febbraio 2020.

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AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

Cosa succede quando si desidera usufruire delle agevolazioni “prima casa” per l’acquisto di un immobile non di lusso destinato ad essere fuso con altro immobile, non di lusso, acquisito per successione (ex lege o testamentaria) prima del 21 novembre 2000.

Bisogna premettere che la Legge numero 342 del 21 novembre 2000, al suo articolo numero 69, ha esteso il regime fiscale definito “prima casa” anche alle successioni e donazioni. Prima di tale data l’agevolazione non era richiedibile.

Il caso di cui ci si occupa è quello in cui Tizio vuole acquistare un immobile (non di lusso) da fondere con l’immobile limitrofo per costituire una sola particella.

Orbene, qualora l’immobile già in possesso di Tizio fosse stato acquistato richiedendo le agevolazioni “prima casa” il problema non si sarebbe posto.

Caso diverso quando il primo immobile non viene acquistato utilizzato le agevolazioni.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 142E del 4 giugno 2009, ha chiarito che qualora la particella già in possesso dall’acquirente sia stata trasferita a seguito di successione prima dell’applicazione della Legge numero 342 del 21 novembre 2000, l’agevolazione vada riconosciuta anche in relazione alla fattispecie in esame, purché i due alloggi accorpati costituiscano un’abitazione unica rientrante nella tipologia degli alloggi non di lusso, in base alle prescrizioni recate dal decreto 2 agosto 1969.

L’atto del notaio rogante dovrà necessariamente evidenziare che l’acquirente ha mantenuto, ora come allora, il possesso di tutti i requisiti prescritti dalla Legge per la concessione delle agevolazioni richieste.

Avv. Pietro Saija

Superbonus più facile per i condomini (anche con condono in corso): la procedura per sanare gli abusi edilizi

Le novità: la proroga al 2023 e il via libera all’agevolazione anche per casa con condono in corso

Il prolungamento del Superbonus al 110% fino al 2023 non è presente nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma il premier Draghi parlando all’Aula il 27 aprile ha spiegato che la misura è tra i tasselli economici fondamentali per la ripresa del Paese e per questo va semplificato e prorogato, impegnandosi a inserire in legge di Bilancio le risorse per coprire fino a tutto il 2023.
I conti però si potranno fare, per quanto riguarda la manovra, solo a dicembre, cosa che potrebbe rallentare la misura nella seconda parte dell’anno. Ecco che allora i senatori del M5S in una nota congiunta spiegano di voler iniziare «a studiare dei percorsi alternativi rispetto alla manovra», perché ci sarebbe «lo spazio per individuare in altre sedi i fondi necessari per finanziare l’estensione».
Intanto, tocca al decreto legge sulle Semplificazioni, che il governo approverà a maggio per sostenere l’attuazione del Pnrr, dedicare un capitolo al Superbonus. Nella bozza si parla infatti di snellimento delle procedure e rendere più semplice l’accesso all’incentivo per i condomini che ne faranno richiesta con il ministero della Transizione ecologica che sostanzialmente dà semaforo verde anche a quelli che hanno in corso «domande di condono edilizio». L’obiettivo è di evitare che eventuali «irregolarità» riferibili a «una singola unità immobiliare» impediscano agli altri appartamenti di acquisire la certificazione di «stato legittimo» e accedere così al Superbonus. Qualora però la richiesta di sanatoria venisse successivamente respinta, si legge nella bozza, scatterebbe la revoca delle agevolazioni. Ma c’è di più: nella bozza del decreto Investimenti, approvato il 29 aprile dal Cdm, viene stabilito che i condomini possano usufruire del Superbonus per tutto il 2022 senza bisogno di aver completato almeno il 60% dei lavori entro giugno, così come era previsto finora.
Ma andiamo con ordine vediamo le novità e poi scopriamo come fare la sanatoria degli abusi edilizi e ottenere così l’agevolazione.

Superbonus anche a chi non ha completato i lavori al 60%.

Come detto, il Superbonus diventa più semplice per i condomini. La novità contenuta nella bozza del decreto Investimenti prevede che i condomini possano usufruire del Superbonus per tutto il 2022 senza bisogno di aver completato almeno il 60% dei lavori entro giugno, come era previsto fino a ora.

Superbonus anche per alberghi e pensioni

Tra le novità anche l’estenzione del Superbonus al 110% anche per altre classi di immobili prima non considerate, come alberghi e pensioni. La proposta messa a punto dal ministero prevede infatti di estendere l’ambito di applicazione del Superbonus anche agli interventi effettuati su immobili con classe catastale D/2, cioè «alberghi e pensioni».

Cosa sono gli abusi edilizi

Labuso edilizio non ancora sanato non è di per sé un impedimento all’ottenimento del Superbonus al 110%, l’agevolazione prevista dal decreto Rilancio che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (31 dicembre 2022 per i condomini, in attesa della conferma definitiva della proroga al 31 dicembre 2023), per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici e di installazione di impianti fotovoltaici e di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.
Come prima cosa, per poter iniziare i lavori di ristrutturazione e chiedere il Super bonus, bisogna incaricare un tecnico abilitato che avrà il compito di certificare mediante asseverazione di conformità urbanistica l’assenza di irregolarità presenti sull’immobile o, diversamente, la presenza di «difformità edilizie», quando cioè tra le planimetrie depositate presso Comune e Catasto e lo stato reale dell’immobile ci sono delle incongruenze. In caso di edifici antichi, queste possono esserci per l’approssimazione con la quale si disegnavano e si depositavano le planimetrie prima della Seconda guerra mondiale, ma in tutti gli altri casi sono il frutto di interventi non dichiarati di modifica della struttura, delle finestre, delle scale, se non addirittura una difformità originaria, ovvero quando l’opera è stata fin dall’inizio realizzata in assenza dell’autorizzazione della pubblica amministrazione o non rispettando il progetto depositato in Comune. In tutti questi casi siamo nei cosiddetti «abusi edilizi».

Come verificare se ci sono «difformità edilizie»

Per assicurarsi che vi sia corrispondenza tra immobile e titolo edilizio, il tecnico abilitato o lo stesso proprietario dell’immobile devono acquisire tutte le pratiche con le eventuali varianti in corso d’opera o successive alla costruzione, in virtù delle quali è stata a suo tempo autorizzata la realizzazione dell’edificio. I documenti si richiedono in copia conforme all’Ufficio tecnico del Comune in cui si trova l’immobile. Stessa cosa vale per il Catasto dove si devono chiedere le planimetrie depositate che verranno così confrontate con le autorizzazioni reperite in Comune. Se l’edificio è storico (ovvero, realizzato prima del 1945) potrebbero mancare le autorizzazioni. In questo caso sarà il tecnico incaricato a dover stilare una descrizione fedele dell’immobile.

La tolleranza del 2% sugli abusi edilizi

Nel caso di piccole difformità edilizie la procedura è piuttosto semplice. Stiamo parlando di spostamenti di pareti interne, l’apertura di una porta o la creazione di un nuovo bagno, insomma minimi cambiamenti di distanze, volumi, altezze e superfici per i quali è ammessa una tolleranza tra stato di fatto e progetto entro il limite del 2%. In questo caso è sufficiente che il professionista produca una «dichiarazione sostitutiva di atto notorio» che certifichi che la discordanza rispetta tale limite massimo per accedere al Superbonus. Il limite di abusivismo del 2% è stato fissato nel Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001) all’art. 49, comma 1, in cui si dice che “gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione”. Se si resta sal di sotto di questo tetto percentuale non si deve procedere alla sanatoria.

Come fare la sanatoria

Quando le difformità edilizie superano il tetto del 2%, allora si deve procedere con la richiesta di una sanatoria edilizia. In genere basta presentare in Comune una richiesta, che preveda il pagamento di una sanzione calcolata sull’entità dell’abuso. Questo permetterà di regolarizzare l’immobile. Ci sono però dei casi in cui l’abuso deve essere abbattuto, ripristinando la condizione originaria dell’immobile. Il Testo Unico Edilizia chiarisce all’art. 50 che “il rilascio del permesso in sanatoria, per le opere o le parti di opere abusivamente realizzate, produce automaticamente, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative, la cessazione degli effetti dei provvedimenti di revoca o di decadenza previsti dall’articolo 49”. In sostanza, la procedura di “sanatoria” richiede la sussistenza delle condizioni che avrebbero determinato il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’opera. In presenza delle condizioni prescritte, l’autorizzazione ha efficacia retroattiva, cioè vengono meno gli impedimenti alla concessione dell’agevolazione fiscale. A questo punto si potrà procedere con la richiesta degli incentivi come il Superecobonus 110%.

Quando la sanatoria è in corso

Ma se l’iter della sanatoria non è concluso (come si sa, ci sono immobili oggetti di sanatoria le cui pratiche stazionano da tempo negli uffici comunali preposti) è possibile richiedere il Superecobonus? Il nuovo decreto Semplificazioni nella bozza viene di fatto a confermare quanto già detto dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici, che nel rispondere a un quesito aveva ammesso alla detrazione “anche gli immobili per i quali sia in corso la pratica di definizione, in sanatoria, fatta salva la restituzione delle detrazioni di cui si è usufruito, in caso di conclusione con esito negativo della pratica stessa”.

© corriere della sera.